Lo yoga per il corpo, il respiro e la mente, di A.G. Mohan – recensione
Lo yoga per il corpo, il respiro e la mente, A. G. Mohan, Astrolabio Edizioni
→ puoi trovarlo qui
“Corpo, mente e spirito sono intimamente connessi; un cambiamento in uno di essi si manifesta necessariamente negli altri due. Il potere di questa interazione è tale che si può utilizzare ciascuno dei tre elementi per ottenere i risultati voluti.”
Ho avuto l’onore di studiare con A.G. Mohan nel 2013, frequentando il suo corso annuale di formazione per insegnanti a Chennai (sud dell’India). Mohan ha studiato con Sri T. Krishnamacharya, uno dei padri dello yoga moderno, per ben diciotto anni, fino alla morte di questi nel 1989. Questo testo sintetizza l’essenza dello yoga nella tradizione di Krishnamacharya e degli Yogsutra di Patanjali, testo seminale della tradizione vedica. L’approccio stilistico di Mohan è infuso da una grande accuratezza, rigore e onestà intellettuali.
Nel capitolo uno, attingendo dalla saggezza degli Yogasutra, Mohan indaga il meccanismo della mente e le sue percezioni erronee, elencando i cinque stati della mente (agitata, offuscata, distratta, concentrata e assorbita); le cinque impurità, o klesha (falsa comprensione, identità erronea, desiderio, avversione, ansia o paura); e le tre qualità intrinseche della materia, o guna, che influenzano la mente e la sua percezione: sattva o leggerezza, rajas o agitazione, e tamas o apatia.
La pratica dello yoga viene presentata come un veicolo di crescita e reintegrazione personale per superare gli ostacoli della mente attraverso tre strumenti: il perfezionamento, la riflessione, e l’abbandono/resa. L’unione di questi tre strumenti è detta kriya yoga.
- Il perfezionamento, attraverso le pratiche di disciplina fisica ed educazione del respiro, è chiamato tapas, o processo di raffinazione per eliminare le impurità (klesha).
- La riflessione è lo studio della propria tradizione spirituale o religiosa e di se stessi attraverso i testi antichi e la pratica di asana e pranayama.
- L’abbandono implica il distacco dai risultati delle azioni, e la resa è il processo di profonda apertura alla conoscenza di una realtà superiore.
Il capitolo due spiega il ruolo degli asana nel processo di reintegrazione personale. Di particolare rilevanza sono i sette princìpi delle asana e come applicarli nella pratica:
- La pratica degli asana dovrebbe essere stabile e confortevole per rendere il corpo forte e flessibile
- La pratica degli asana dovrebbe dare priorità alla spina dorsale
- La pratica degli asana dovrebbe adattarsi agli obiettivi del singolo
- La pratica degli asana dovrebbe procedere per gradi (vinyasa krama) in modo intelligente e sistematico
- La pratica degli asana dovrebbe servirsi del respiro per integrare il corpo e la mente
- La pratica degli asana dovrebbe usare il respiro per adattare le posture
- La pratica degli asana dovrebbe servirsi del respiro come feedback
Il vinyasa krama, peculiare della tradizione di Krishnamacharya, indica il movimento unito al respiro per entrare e uscire gradualmente e con consapevolezza dalle posture. Come dice Mohan, “non può esserci mantenimento senza un movimento che l’abbia preceduto”.
A pag. 64 e 65 vengono mostrati degli esempi di sequenze armoniche per entrare e uscire da Pashchimatanasana (flessione seduta) o Adhomukha Shvanasana (cane a testa in giù).
Ho apprezzato molto la chiarezza con la quale A.G. Mohan spiega il respiro yogico: “negli asana, la respirazione ideale coinvolge sia il torace sia l’addome ed è usata volontariamente per sollecitare la spina dorsale in modo da intensificare ogni postura. Quando l’inspirazione inizia nella parte superiore del busto, la colonna vertebrale si raddrizza spontaneamente o si inarca leggermente. […] L’espirazione, durante l’esecuzione degli asana, dovrebbe invece essere avviata da una leggera contrazione della parte inferiore dell’addome. È un modo salutare di usare i muscoli addominali inferiori. […] In tal modo la respirazione mette in movimento tutta la spina dorsale.”
Il capitolo tre descrive una ventina di asana nel dettaglio. Ogni asana include la postura classica, la versione modificata, la sequenza di vinyasa krama e le posture di compensazione. Particolarmente esplorative sono le osservazioni su come la variazione di respiro possa cambiare completamente l’esperienza della stessa asana (vedi “Modificazioni del Respiro” a pagina 95).
Il capitolo quattro è interamente dedicato alle inversioni, dagli aspetti filosofici, psicologici e anatomici. Viparita Karani (gambe in aria), Salamba Sarvangasana (la candela) e Salamba Sirsasana (la verticale con la testa) vengono analizzati insieme alle posture di preparazione, modificazioni, vinyasa krama e posture di compensazione.
Il capitolo cinque è, secondo me, quello più stimolante in quanto approfondisce i principi di base per costruire una sequenza intelligente, equilibrata e graduale nel rispetto dell’anatomia funzionale e dei bisogni individuali. Particolarmente interessante è quando A.G. Mohan invita il praticante a padroneggiare la postura di compensazione prima di eseguire la postura da compensare. Alcuni asana possono essere tenuti per vari respiri, altri, come per esempio le posture di compensazione o di riscaldamento, dovrebbero essere sempre praticati in dinamica.
I capitoli sei e sette si occupano, rispettivamente, del pranayama e della meditazione. Riguardo al pranayama sono analizzate le componenti del ciclo respiratorio (inspirazione, ritenzione dopo l’inspirazione, espirazione e sospensione dopo l’espirazione), le dodici tipologie di pranayama, e i requisiti indispensabili per la pratica. Un breve ma accurato capitolo spiega il processo della meditazione secondo gli Yogasutra di Patanjali.
Infine, l’ultimo capitolo è dedicato allo yoga usato a scopi terapeutici applicando i principi dell’Ayurveda alla pratica di yoga individuale. Per approfondire questo argomento, rimando all’altro testo di A.G. Mohan, Terapia Yoga edito da Edizioni Mediterranee.
Lo yoga per il corpo, il respiro e la mente, A. G. Mohan, Astrolabio Edizioni
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